Primavera 2016 – Attività medico-chirurgica

Dal 24 aprile al 15 maggio 2016 ASPOS è stata ad Adua.

C’è stata una notevole evoluzione nell’attività, sia per la presenza di Specialisti diversi  che per la dotazione di nuova attrezzatura.

Era presente il Prof. Landino Cugola, Ortopedico già Primario del Reparto di Chirurgia della Mano di Verona, uno dei maestri italiani di tale disciplina. Sotto la sua direzione è stato possibile effettuare interventi, sia sull’arto superiore che inferiore, per patologie di una complessità difficilmente riscontrabile in Italia: a Lui va il ringraziamento della nostra Onlus, con la speranza che possa di nuovo ritornare ad Adua il prossimo anno.

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Diverse operazioni chirurgiche si sono praticate grazie a trapani, seghe per ossa e seghe per apparecchi gessati acquistati con fondi raccolti nel Masieraday – 1 memorial Livio Romare  del 12 aprile 2015 a  Schio.

Ai  familiari e agli amici di questo grande campione del Volley  va la nostra riconoscenza.

C’era inoltre una Specializzanda in Ostetricia e Ginecologia, la dott.ssa Giulia Mantovani di Finale Emilia, che ha visitato una sessantina di donne. C’era un giovane medico internista di Cento, Michele  Cevolani, che ha visitato un numero altissimo di persone.

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Per l’ASPOS c’era Gigi Marcon, esperto ecografista ed ecodopplerista ; Vittorio Rossi, insostituibile laboratorista; Giampaolo Fasolo, chirurgo; Alberto Granata, anestesista;  Leda Signori e Loredana Zorzi, infaticabili aiutanti.

E  un grazie riconoscente va agli altri volontari venuti per la prima volta: Marzia Dal Santo, anestesista;  Margherita Rodighiero, infermiera; Samantha Tistoni, collaboratrice. E poi a suor Pauline e suor Betty, alle quali resta tutto il peso della continuità dell’assistenza dei Pazienti. E a Carolina Paltrinieri, che tutto documenta con le sue magnifiche fotografie.

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Sono stati fatti 60 interventi, 13 elettrocardiogrammi, 79 ecografie ed ecodoppler, 763 visite, 125 medicazioni, 299 esami di laboratorio.

Detti così, sono sterili numeri. Ma bisogna pensarlo, ognuno di quei numeri arriva ricoperto dalla polvere di molti chilometri fatti a piedi, con il loro sciamma sporco e spesso con un bambino sulle spalle o per mano; si inchinano in segno di saluto, si siedono fuori della porta e aspettano in silenzio, magari per ore. Quando ti sono davanti, ti dicono o ti mostrano il loro problema, che tu capisci attraverso un prezioso interprete. E fai fatica a guardarli negli occhi, perché lì trovi uno sguardo di così trepida speranza e aspettativa che hai paura di dovere spegnere con l’impossibilità di fare qualcosa. E poi… Visito una donna: cistopielite destra, dico. Dò un antibiotico e la faccio tornare per controllo dopo qualche giorno. Sta per andarsene ma comincia a parlare con l’interprete. Mi faccio tradurre e mi dice semplicemente grazie perché lei è una povera donna e le dispiace di non poter fare altro. Ma altro lo fa tre giorni dopo, quando torna guarita, con uno sguardo di una dolcezza tale che ti fa pensare che da solo vale un viaggio ad Adua.

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E’ per questa gente che il nostro lavoro non può affievolirsi. Alimentati dalla passione e dall’ amore per la medicina è ora di stringere i denti e di finire l’ ospedale.

L’ emergenza sanitaria è altissima e non possiamo restare immobili.